Terza serata, il Vescovo Giuseppe presiede la recita della Compieta in Santuario.

«Gesù parlava con le parabole per indicare qual era il suo pensiero. Ieri sera l’abbiamo visto, quella del seminatore. Questa sera abbiamo sentito una simile, però, se avete fatto attenzione, ci si accorge che questo brano si basa su antitesi, contrapposizioni tra il proprietario del campo e l’avversario, tra il grano e la zizzania, tra il tempo presente della semina e il tempo futuro della crescita di quel che ci sarà dopo, tra il granaio e il forno dove brucia la zizzania. In mezzo a queste antitesi ci domandiamo, ma qual è il punto centrale? Che cosa voleva dire Gesù a questo riguardo? Il punto centrale non è tanto la semina da parte di qualcuno, ma il punto centrale è l’impazienza dei servi che sono anche un po’ imprudenti e l’atteggiamento paziente invece del proprietario.»

Viene per i peccatori

Gesù «aveva suscitato all’interno dei suoi ascoltatori, dei primi discepoli, una febbrile attesa del Messia. Dicevano “per la fine del mondo deve venire il Messia quindi cerchiamo di raccogliere attorno a questa venuta un gruppo di persone pure e sante. […] Però sta di fatto che Gesù non ha mai costituito una comunità di puri. Anzi, se vi ricordate bene, mangiava con i peccatori, si fermava con le prostitute e così via. Quindi, è una logica completamente diversa. Una logica che sbalestrava quelli che lo ascoltavano, dicendo «Ma noi aspettiamo un Messia così?» […] Se avete in mente, anche Giovanni Battista, a un certo punto, rimane un po’ stralunato per questo atteggiamento di Gesù e quando era in prigione, manda qualcuno a dirgli “Ma sei tu il Messia o deve venire qualcun altro? Perché qua non capisco più che cosa succede”.»

«Gesù, per affrontare questa situazione racconta questa parabola: “Il tempo presente, il tempo della semina, il tempo che stiamo vivendo, è il tempo dei buoni e dei cattivi. Il tempo che ci aspetta più avanti, il tempo futuro, sarà quello della separazione definitiva. […] Vanno avanti tutti e due di pari passo, uno di giorno e un altro di notte. Gesù voleva indicare che allora questo Regno non viene giù dal cielo, non è che si realizza così. Fa parte dell’umanità che ha bisogno di essere trasformata, che ha bisogno di essere cambiata, che ha bisogno di far crescere meglio dentro di sé. E ci teneva a sottolineare il fatto che c’è qualcuno che semina la gramigna, il male, il male che ancora oggi esiste e opera continuamente.»

«Come non c’è nessun santo sulla Terra, non c’è nessuno dannato definitivamente. Questo che viviamo noi, dice Gesù, è il tempo della misericordia, il tempo dell’accoglienza dei peccatori, il tempo della conversione che è proposta a tutti. Il tempo per liberarci dalla schiavitù del male e del peccato. […] E allora diventa l’immagine della nostra esistenza, del nostro cuore, della nostra vita e del nostro impegno.»

«L’appartenenza non garantisce la salvezza finale. Perché bisogna farlo? Bisogna fare la volontà del Padre. […] Non chi si riempie la bocca di termini cristiani, di parole evangeliche, entrerà nel Regno di Dio, ma chi compie la volontà del Padre. Il giudizio, l’essere gettato nel fuoco, l’essere bruciati o risplendere come il sole,
la discriminante è fare la volontà del Padre. E questa volontà del Padre che è essere capace di amare come ha amato Lui. La discriminante del giudizio finale allora sarà la nostra capacità di amare. […] Perché noi non dimentichiamoci mai che siamo il popolo appunto della speranza, il popolo che guarda la vita di adesso, però con dall’orizzonte il punto di incontro ben preciso con il Risorto.»

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