«Che cosa ha da dirmi il Signore?» S.E. Mons. Giuseppe Vegezzi, vescovo ausiliare di Milano, introduce il cammino che ci guiderà durante la Novena24.
«Vogliamo in queste sere cercare di metterci noi al posto di Maria, la prima discepola perché è la prima che ha ascoltato quello che diceva il suo figlio Gesù,
ma è la prima perché è lei che si è chiesta: “ma che cosa ha da dire questo mio figlio?”. Sapeva benissimo del modo strano con cui era stato concepito, sapeva benissimo di qualche gesto strano nella sua adolescenza e si era chiesta senz’altro la domanda “ma che cosa deve dire al mondo, che cosa ha da dire?”.»
Il Kerygma
Tema della prima serata è “Il kerygma evangelico” e Mons. Vegezzi ha voluto iniziare la sua meditazione spiegando immediatamente il suo significato.
«Il Kerygma è un termine, possiamo dire, un po’ tecnico. Era la proclamazione che l’Araldo faceva quando vinceva la guerra. Aveva qualcosa che gridava per annunciare a tutti. Quindi era una modalità. Andava in giro a gridare qualche cosa che attirava l’attenzione e che stupiva. Viene usato lo stesso verbo qui, nel testo del Vangelo. Gesù usa questo Kerygma, questo grido, per dire quello che gli stava a cuore. Ma cos’è che gli stava a cuore? Cos’è che proclamava? Proclamava il Vangelo. […] L’annuncio, il nucleo di questo annuncio era uno solo: Gesù, che era morto ed è risorto.»
La vita per testimoniare
«Uno che si lascia affascinare e coinvolgere dall’esperienza del Risorto, riesce a dire “ma guarda che forse è proprio vero, che la tua felicità, la tua beatitudine la trovi lì, in quel modo lì”. Che riesci, se la tua vita è rinnovata dall’incontro con il Risorto, a produrre ogni giorno i frutti dello Spirito, che sappiamo che sono la pace, la gioia, la bontà e che non sono termini per tenerci buoni, per dire ai cristiani che sono “buonaccioni” che cercano di non fare troppo male, no. Vuol dire che riesci a vivere anche le cose di ogni giorno come frutto dello Spirito che ti ha coinvolto, che ti ha affascinato.»
«Gesù va in giro a proclamare questo, ma non va in giro a proclamare non soltanto con le parole, lo faceva con dei gesti. E sappiamo benissimo i miracoli che Gesù ha fatto. […] Ecco, noi forse oggi come Chiesa abbiamo bisogno di recuperare questo aspetto e di imitare Gesù sotto questo aspetto. Non soltanto dobbiamo dire siamo cristiani, non soltanto dobbiamo dedicare un po’ del tempo al Signore. Dobbiamo fare come ha fatto Lui, essere significativi, essere testimoni di questa vita nello Spirito, ossia vita di persone che si lasciano trasformare dal Vangelo, si lasciano guidare dall’amore materno della nostra madre e testimoniano che è possibile vivere così adesso.»
Maria, la prima discepola di Gesù
«Il Vangelo ci dice che Maria custodiva tutte le parole del suo Figlio nel suo cuore. E le custodiva per un motivo semplice. Per cercare di capire meglio chi era il suo Figlio Gesù, per cercare di capire meglio come doveva fidarsi e per cercare di capire qual era lo stile che doveva assumere colei che l’aveva accompagnato
nei vari momenti della vita. E allora in queste sere, quando vedremo un po’ insieme queste parabole, vogliamo dire “ma che cosa ha da dire questo Gesù che vuole essere la mia felicità?”.»