Natale, «Gesù bambino ci riconduce ad amare la nostra vita». In Basilica il Prevosto Mons. Norberto Donghi ha presieduto la Santa Messa nella Solennità della Natività di Nostro Signore.
Nella predica, ricordando la notte tra le notti in cui venne al mondo la Luce vera che illumina ogni uomo, ha rinnovato l’invito a vincere i nostri timori e fragilità e riconoscere la dignità di questi come segno di appartenenza a qualcosa di più grande. «Il Natale porta questo annuncio, ripetuto più volte: non temete.»
«Guardando il bimbo Gesù – ha detto il Prevosto – siamo ricondotti ad amare la nostra vita, a capirne il valore, la dignità. Dio si è fatto uomo per dire a ciascuno di noi quanto valiamo e lo ha fatto facendosi povero per ricordarci che la nostra considerazione non dipende dai nostri beni, da ciò che appare.» Capita spesso di sentire parlare di vite insoddisfatte, disagio, persone annoiate che hanno perso vitalità, «non sono sintomi di una malattia su cui intervenire coi farmaci, come accade sempre più spesso in una società che confonde l’inquietudine del cuore col panico e con l’ansia. Sono piuttosto segni della nostra dignità: il nostro desiderio è più grande di tutto l’universo. Il vero ostacolo al cammino non è la nostra concreta umanità, ma la trascuratezza di essa. Tutto in noi grida l’esigenza di qualcosa che riempia il vuoto.»
E questo vuoto viene colmato a Natale. «Maria, per avere libere le mani e ricevere i doni dei pastori, depose dolcemente il bambino tra le braccia del pastore che era a mani vuote. Quel bimbo oggi è deposto tra le braccia di tutti noi.»